Autore: Ferruccio Riva
La Legge n. 114/2015 di Delegazione europea 2014, pubblicata in G.U. il 31 luglio scorso, fa un riferimento esplicito all’Albo dei Consulenti Finanziari, nell’ambito della previsione di recepimento della Direttiva MiFID2, dando scadenza al Governo per il prossimo 3 luglio 2016.
È giunto quindi il momento di condividere una riflessione pragmatica e profonda, senza demagogia o compromessi di maniera, per capire fino in fondo cosa ci sia davvero sul piatto fino ad oggi e quale dovrebbe essere, invece, la vera portata delle modifiche normative da realizzare per dare reale efficacia, e non facciata, a questa potenziale “rivoluzione”. Il presupposto fondamentale sta nel fatto che tutto ciò che analizzeremo rientri nella sola modifica dell’art. 31 del Testo Unico della Finanza (salvo un “dettaglio” che riguarda il Codice Civile). È chiaro come il sole che tale materia non venga toccata spesso e quindi che non si possa attendere altri 8/10 anni e la MiFID3 per fare ciò che si dovrebbe realizzare (in ritardo) oggi.
Una premessa: i principali contenuti sono tratti dalla documentazione consegnata da chi scrive nel settembre 2013 ai vertici della nostra Associazione, ben prima di tutti i successivi interventi parlamentari, inclusi quelli descritti.
Cosa c’è: sicuramente la soluzione ad una annosa lacuna lasciata in eredità politica, di Governo in Governo, dal 2008. Gli articoli 18bis e 18ter del TUF prevedono, sin dalla loro pubblicazione, la creazione di un Albo per i consulenti fee only (persone fisiche e giuridiche) mai realizzato, con la collegata vigilanza su questi operatori. Unificarli nell’Albo dei promotori finanziari è una soluzione funzionale a costo zero… Avendo già previsto per Legge, appunto, la vigilanza in capo all’organismo mai nato, diviene naturale che questa venga conferita in seno al nuovo Albo, portando al nuovo soggetto, per proprietà transitiva, anche la vigilanza su chi vi era già iscritto (i p.f.), tenendo il tutto, naturalmente, ad una sorta di secondo livello, sotto il logico controllo primario esercitato dalle Autorità di vigilanza. Proprio Consob, poi, sarà deputata a sciogliere un altro nodo complesso: i criteri di rappresentanza negli organi direttivi del costituendo organismo. Il tema è delicato, con soluzioni che potrebbero cadere facilmente nel paradossale (intermediari che, per peso, controllino i fee only) e che quindi richiederà estrema saggezza.
Cosa è dubbio: solo il Ddl “Marino”, in discussione da più di un anno in Senato e senza alcuna garanzia di essere recepito dal Governo entro i termini stabiliti, prevedebbe il ritorno ormai logico e naturale, per i promotori finanziari, alla denominazione professionale di consulenti finanziari anche se, a dire il vero, la definizione “Albo dei Consulenti Finanziari” inserita all’art. 9 comma o) della L. 114 lascia ben sperare. Sempre nello stesso disegno di legge è contenuto e verrebbe applicato, con “soli” 8 anni di ritardo, il recepimento della definizione della professione, cioè di cosa i professionisti “fanno”. Il comma è identico all’articolo 1 della proposta contrattuale che abbiamo fatto al mercato (vedasi blog https://anasfilsaltodiqualita.wordpress.com/ – schede monotematiche e testo integrale scaricabile dal sito www.anasf.it). Ma c’è un’altra questione incerta e spinosa posta dal testo della legge-delega più sopra citata, di cui riprendiamo lo stralcio: “omissis…ponendo le spese relative all’albo dei consulenti finanziari a carico dei soggetti interessati; dall’attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ne’ minori entrate contributive per la CONSOB; omissis”. Letteralmente, i circa 4,7 milioni di euro di contributi versati annualmente dagli iscritti a Consob devono rimanere tali. I maggiori costi della vigilanza in capo al nuovo Albo, dunque, dovranno essere pagati a parte (in più?), sempre dai suoi iscritti. Con una interpretazione estrema, derivante da altri commi del Ddl Marino, potremmo immaginare che Consob possa prevedere la compensazione di minori entrate con minori costi del personale, trasferendolo al nuovo organismo. Che dimensione verrebbe a quel punto data a quest’ultimo per giungere a conguaglio, magari col rischio di costruire l’ennesimo “carrozzone all’italiana”?
Cosa manca: si notano due carenze fondamentali, impropriamente separate dal Ddl fin qui nei dibattiti politici e manchevolmente non proposte e/o adeguatamente sostenute fino ad oggi. Innanzitutto, la discriminazione patita dai p.f. italiani rispetto ai colleghi europei nel non potersi organizzare sotto forma di società (persona giuridica), come chiaramente previsto da entrambe le versioni della Direttiva MiFID. Il fatto di inserire sotto la vigilanza del nuovo organismo le società di consulenza finanziaria (art. 18ter TUF) dovrebbe invece, anche qui per proprietà transitiva, far cadere l’ultima foglia di fico di fronte a questa iniquità, che blocca un naturale salto di qualità della professione, salvaguardando l’Italia, tra l’altro, da una possibile procedura d’infrazione legata ai rapporti con gli altri partners europei, come si evince da una consultazione ESMA di qualche mese fa. Poi, un elemento fondamentale per la previdenza di settore: la creazione di un presupposto normativo per poter uscire in futuro dal padre innaturale Enasarco. Sarebbe sufficiente, per analogia, aggiungere i termini “e finanziari” all’articolo 1753 del Codice Civile, dando alla nostra categoria gli stessi presupposti degli agenti assicurativi (che non rientrano in Enasarco, pur esercitando spesso la nostra stessa professione, con iscrizione al nostro Albo!). Il tempo, poi, porterà ad un accordo economico di categoria professionale e si saranno creati così i presupposti per la soluzione di questo altro annoso, sofferto problema (si rimanda ancora alle schede del blog per approfondimenti).
Cosa è di troppo: la definizione “indipendenti” usata a sproposito. La Direttiva MiFID2 e le successive consultazioni ESMA hanno chiarito senza alcun dubbio che la eventuale definizione di “indipendente” sia da attribuire alla prestazione fornita, non al soggetto che la fornisca. A tendere, nel mercato italiano tale prestazione potrà essere con collocamento (attraverso rapporti con intermediari) o senza collocamento (fee only). Per questo, l’unico parametro eventualmente utile da indicare al mercato sarà proprio nel fatto che il professionista possa o meno collocare le soluzioni che andrà a proporre. Sbagliare su tali definizioni potrebbe potenzialmente portare l’Italia, anche in questo caso, verso una procedura di infrazione, prevenibile.
Un’ultima nota: nel 2013, ipotizzando un Albo diviso in rubriche, erano state previste in particolare due di queste oggi mancanti. Si tratta di quella dei praticanti, argomento sul quale ESMA pare definitivamente orientata, vedendo l’ultima, contestatissima consultazione di luglio scorso, e quella dei consulenti finanziari dipendenti, specifica che porterebbe una definitiva chiarezza nella forma della professione, risolvendo, si spera, confusioni come quelle generate tra il 2011 e il 2014 nell’applicazione in Italia delle Direttive CRD3 e 4.
Concludendo, noto come la nostra categoria sia stata ben poco ascoltata e non abbia saputo fin qui alzare adeguatamente la posta nel dare la disponibilità a risolvere un problema del legislatore, commettendo un errore che rischia di pesare in vari modi sul futuro della categoria. Non si tratta, come si usava nei metodi della vecchia politica, di chiedere 100 per ottenere 50, bensì di dare senso compiuto ad una riforma o lasciarla inesorabilmente monca. Fino ad oggi, concretamente, poco o nulla risulta effettivamente d’interesse per la nostra categoria professionale, che potenzialmente può trarne più danni che benefici, cosa da evitare assolutamente con la massima attenzione, sperando che non sia troppo tardi. Quindi, moltissimo resta da fare nei prossimi mesi. Tutto ciò che va chiesto, in realtà, è l’applicazione delle Direttive europee esistenti, per far fare alla professione il definitivo salto di qualità, necessario per il suo futuro e per il bene del mercato.